Che cos’è la rizo-artrosi?

La rizoartrosi è l’artrosi che coinvolge l’articolazione trapezio metacarpale, situata alla base del pollice.

Questo tipo di artrosi è molto più frequente nel sesso femminile.

I primi sintomi dolorosi possono manifestarsi già dopo i 40 anni. Vanno da fasi di dolore intermittente, associato a progressiva perdita di forza nella presa del pollice, dalla riduzione dell’arco di movimento al progressivo manifestarsi della deformità del profilo dell’articolazione fino al quadro più marcato del pollice a zeta.

E’ una patologia degenerativa progressiva di origine multifattoriale.

Sicuramente la familiarità e anche la tipologia di attività lavorativa svolgono un ruolo importante, soprattutto per quelle attività lavorative ripetitive e usuranti che sollecitano le piccole articolazioni.

Ma anche fattori ormonali sembrano giocare un ruolo importante, in particolare i cambiamenti legati alla menopausa. Si è visto che questi determinano una maggiore sensibilità delle strutture legamentose ad una sostanza presente nell’organismo, nota come relaxina. Una delle ipotesi possibili è che l’aumento della lassità legamentosa, che col tempo si manifesta con la classica sublussazione e la deformità della trapezio metacarpale, determini l’usura delle componenti della cartilagine articolare, da cui poi dolore e rigidità.

Si può prevenire?

Come tutte le patologie degenerative su base artrosica, questa ha un andamento progressivo.

Tuttavia ci sono inizialmente rimedi terapeutici non invasivi che possono controllare il dolore alla sua insorgenza, prevenire recidive frequenti e migliorare la qualità di vita.

Nelle fasi iniziali l’uso del tutore notturno che mette a riposo il pollice, utilizzato con costanza e continuità, si è visto riduce notevolmente gli episodi dolorosi e nei casi meno gravi consente lunghi periodi di remissione completa.

A questo si può associare l’uso di fans sia locali (cerotti, creme ..), che per bocca, eo terapie fisiche.

Come si fa la diagnosi?

La diagnosi è in genere molto semplice

L’ esame clinico e la localizzazione del dolore sono caratteristici, è difficile confonderli con altri dolori al pollice nelle regioni adiacenti, dovuti per esempio al pollice a scatto o alla tendinite di De Quervain.

Questo va completato da una semplice radiografia del polso con proiezione per l’articolazione trapezio metacarpale che non solo conferma la presenza dell’artrosi ma ci consente di stadiarla. (fig. 1)

E’ vero che bisogna convivere con il dolore e non c’è rimedio?

Quando il dolore diviene più frequente e queste terapie non sono più efficaci può essere utile ricorrere a cicli infiltrativi con cortico-steroidi, che possono essere ripetuti più volte. Bisogna ricordare che queste sono terapie palliative che possono dare anche lunghi periodi di benessere. Tuttavia il dolore con il tempo tende a tornare e diviene meno responsivo alle infiltrazione.

A quel punto l’unico rimedio definitivo che elimina il dolore e tutti i disturbi correlati è la chirurgia.

Quando rivolgersi al chirurgo della Mano?

Quando ormai il paziente ha eseguito già tutti i trattamenti sopra elencati ed il dolore è divenuto persistente e invalidante.

In cosa consiste il trattamento chirurgico?

Il trattamento chirurgico chiaramente non è uniforme.

Dipende dal sesso, l’età, l’attività lavorativa del paziente e poi dallo stadio dell’artrosi, a seconda che essa interessi soltanto l’ articolazione trapezio metacarpale negli stadi inziali oppure coinvolga anche articolazioni vicine ( spesso coinvolta, soprattutto nel sesso maschile è la STT articolazione scafoide-trapezio trapezoidale).

Nei soggetti di sesso maschile ancora in età lavorativa, che svolgono un attività manuale pesante, l’intervento ancora più indicato rimane l’ artrodesi della TM, cioè la fusione del trapezio con la base del primo metacarpo, dopo aver asportato le superfici cartilaginee degenerate, che possono essere stabilizzate con vari mezzi metallici (fili di Kirchner, cambre metalliche, placca e viti).

Tale intervento riduce l’arco di il movimento del pollice, mantenendolo comunque in range funzionali, ma preserva la forza. Tuttavia come tutte le artrodesi con gli anni può portare all’ artrosi delle articolazioni adiacenti ed è un intervento contro-indicato se quest’ultima è già pre-esistente.

Altre possibilità chirurgiche sono le protesi articolari o la resezione parziale del trapezio e l’interposizione di spaziatori. Sono stati ideati presidi costituiti da materiali diversi, dal silicone, al daflon, l’acido polilattico. I risultati riportati in letteratura non sempre sono stati soddisfacenti, a causa di manifestazioni di infiammazione locale che all’ esame istologico davano un quadro di reazione da”corpo estraneo”.

Ad oggi comunque l’intervento meglio conosciuto con risultati soddisfacenti e duraturi, è la trapeziectomia associata ad artroplastica in sospensione.

Questo intervento è particolarmente indicato, nei soggetti femminili che non svolgono attività pesante.

In cosa consiste l’intervento?

L’intervento, da noi spesso utilizzato e nel quale abbiamo accumulato una certa esperienza, consiste in una piccola incisione sul dorso del primo raggio di circa 1,5 cm, nell’asportazione del trapezio. Si procede poi sempre attraverso lo stesso piccolo taglio al prelievo di una bandelletta del tendine dell’ABLP che viene ancorato mediante più passaggi circolari al FRC creando una sospensione. In tal modo lo spazio vuoto lasciato dall’asportazione del trapezio viene mantenuto aperto dalla sospensione che impedisce il collasso del primo metacarpo (fig. 2); col tempo lo spazio viene riempito da tessuto fibroso, che va a creare una neo-articolazione non dolente che mantiene la sua mobilità ed una discreta forza.

Come sono i tempi di recupero dopo la chirurgia?

L’ intervento si esegue in anestesia di plesso brachiale, richiede una notte di ricovero

Dopo la chirurgia il paziente rimane immobilizzato con un tutore per circa 3 settimane.

L’articolazione interfalangea del pollice rimane libera in modo che il paziente rimanga autonomo nelle sue mansioni quotidiane (vestirsi, pettinarsi, allacciare bottoni, le scarpe etc…)

Dopo tre settimane inizia la fisioterapia e il progressivo svezzamento dal tutore, riprendendo gradualmente nelle settimane successive tutte le attività.

Chiaramente come tutti gli interventi può avere delle complicanze e richiede successivamente da parte del paziente un periodo di convalescenza ed un certo impegno nella rieducazione, pertanto è sempre di fondamentale importanza prima di ricorrere alla chirurgia un dialogo chiaro ed esplicativo fra chirurgo e paziente, e una buon grado di motivazione e collaborazione da parte di quest’ultimo al successivo percorso post-operatorio.

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