La chirurgia protesica del ginocchio: qual è il paziente candidato alla protesi di ginocchio?

Intervista al Dott. Prof. Claudio Zorzi e al Dott. Screpis

Professor Zorzi, che cosa è l’artrosi del ginocchio?

L’artrosi del Ginocchio è una patologia dell’articolazione che si sviluppa con l’usura progressiva delle cartilagini. Si manifesta progressivamente con la comparsa di dolore e limitazione funzionale. Questa erosione cartilaginea è dovuta a molteplici cause, ma in generale si può considerare come l’invecchiamento del ginocchio che trova massima espressione negli over 70, un po’ come i capelli bianchi. Le cause che possono portare ad una artrosi precoce (anche prima dei 70 anni) sono principalmente i traumi che comportano fratture o rotture dei legamenti e/o dei menischi del ginocchio, pregressi interventi chirurgici, presenza di un alterato asse meccanico dell’arto inferiore e uno stile di vita che sovraccarica quotidianamente il ginocchio come le attività lavorative pesanti. Quando la cartilagine si è consumata completamente, l’osso che vi sta al di sotto viene esposto ed entra in contatto diretto con l’altra superficie articolare, come nel caso di femore e tibia. Ciò crea un’infiammazione dell’articolazione e dell’osso il quale comincia a consumarsi e a deformarsi (Figura 1). Tutto ciò crea dolore e limita progressivamente la capacità di svolgere le attività più semplici e quotidiane come stare in piedi a lungo, camminare e piegare il ginocchio.

Professore, qual è il paziente “tipo” a cui proporre una protesi di ginocchio?

Il paziente “tipo” è quella persona che oltre ad avere dolore e la relativa diagnosi di artrosi, basata su una valutazione clinica del ginocchio e sullo studio dell’articolazione con una radiografia e/o una risonanza magnetica nucleare, ha progressivamente limitato la sua qualità della vita. È ovvio che se un paziente ha male ad un ginocchio, la prima cosa che anche involontariamente mette in atto è una limitazione del tempo passato in piedi e del movimento (camminare, fare le scale, alzarsi dalla sedia). Il problema è che la riduzione sostanziale del movimento provoca un peggioramento dello stato di salute nel paziente over 65 e risulta praticamente impossibile per pazienti che portano avanti un attività lavorativa.

Quando il paziente avverte che questa limitazione funzionale sta peggiorando e anche i rimedi convenzionali per contenere il dolore e l’infiammazione sono fallimentari, si rivolge all’ortopedico. Quindi molte volte il paziente che si presenta alla nostra valutazione è già in condizioni precarie e l’intervento diventa un’esigenza da realizzare in modo anche rapido.

Dott. Screpis, qual è la reazione di un paziente a cui viene proposto l’intervento?

La proposta di intervento chirurgico suscita sempre un certo sgomento nel paziente, il quale improvvisamente avverte che i presentimenti sono diventati realtà e la paura nei confronti dell’idea di sottoporsi all’intervento comincia a farsi sentire. La paura è un sentimento normalissimo, in quanto chi avrebbe piacere di sottoporsi ad un intervento chirurgico con gioia e allegria? Il paziente coscienzioso del proprio stato di malattia spesso sa già che la soluzione potrebbe essere chirurgica, e alla conferma di ciò vuole risolvere il problema il prima possibile. Molti pazienti invece non hanno ancora limitato sufficientemente la loro qualità della vita e tollerano il dolore durante le loro mansioni quotidiane. In questi pazienti l’intervento di protesi può aspettare, a meno che non si sviluppino delle “sindromi da sovraccarico collaterali” ossia il sovraccarico e conseguente infiammazione (con relativo dolore) di altre articolazioni, come per esempio anca, schiena o ginocchio controlaterale.

Dott. Screpis, quali sono le cure alternative alla protesi nell’artrosi?

Le cure sono commisurate al grado dell’evoluzione dell’artrosi stessa, alle aspettative del paziente e allo stato di salute generale del paziente. Per esempio nel caso di artrosi di grado lieve il trattamento proposto potrebbe essere “conservativo” a base di antiinfiammatori, infiltrazioni intra-articolari (di tipo biologico o sintetico), fisioterapia e le terapie fisiche. Nel caso di un paziente con un’artrosi di grado più severo, la terapia potrebbe essere chirurgica: tale opzione è giustificata dall’inefficacia delle terapie conservative, e dal fatto che spesso il paziente soffre la patologia oltre che fisicamente anche psicologicamente e socialmente, a causa della riduzione della sua autonomia. Le terapie infiltrative di vario genere e gli interventi di “pulizia articolare” in artroscopia per evitare o ritardare la protesi, trovano un ruolo marginale e riguardano soprattutto i pazienti con un artrosi precoce (dai 45 anni ai 60). L’obiettivo di questi trattamenti alternativi è soprattutto quello di ritardare l’intervento di protesi articolare. Nei pazienti con artrosi conclamata queste terapie sono da valutare attentamente, in quanto non si va a guadagnare tempo e ritardare l’avvento della protesi, bensì a perdere tempo utile per risolvere il problema in modo radicale.

Professore, ci ricorda in cosa consiste l’intervento di protesi di ginocchio?

Il trattamento chirurgico consiste nell’impianto di una protesi articolare che è formata da due componenti metalliche ossia uno scudo di rivestimento femorale e un piatto di rivestimento tibiale, e da un inserto (spaziatore fra le due componenti metalliche) in polietilene, una sorta di plastica che riduce l’attrito (Figura 2). Tecnicamente l’intervento si esegue solitamente in anestesia spinale e per impiantare la protesi si esegue una incisione di circa 10-15 centimetri a livello della cute del ginocchio. Con un apposito strumentario si esegue la rimozione di 8 millimetri di superficie articolare malata. Successivamente si cementano le componenti metalliche all’osso della tibia e del femore e si inserisce l’inserto. La rotula viene solitamente regolarizzata e non protesizzata. L’intervento ha una durata media di un’ora e dopo circa 24 ore di osservazione clinica si inizia la fisioterapia, recuperando la flessione del ginocchio, la stazione eretta e una camminata regolare. Dopo circa 2 settimane di ricovero il paziente viene dimesso con una certa autonomia funzionale (cammina con stampelle). Una eventuale fisioterapia di affinamento dopo il ricovero può essere consigliata per il recupero del tono muscolare e del recupero del cammino senza stampelle. La convalescenza dura circa 40 giorni. In generale la protesi totale di ginocchio viene data per circa 20 anni di durata.

Qual è il rischio a non operarsi di protesi nel caso di artrosi conclamata?

Il rischio è fondamentalmente di permettere il peggioramento del dolore e della limitazione funzionale, consensualmente alla riduzione della mobilità e in alcuni casi anche all’autonomia nello svolgimento delle quotidiane attività.

In alcuni pazienti, come già detto, la diminuzione del moto coincide con un aumento ponderale e ad un peggioramento dello stato cardiovascolare degli arti inferiori e quindi dello stato di salute generale.

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