La clown terapia, che qualcuno definisce l’arte del sorriso, altri il piacere di donare un sorriso, offre l’opportunità a chi vive un momento di “difficoltà” di sentirsi circondato di gioia. Se si cura una malattia si vince o si perde, se si cura la persona si vince sempre qualunque sia l’esito.
Chi sono i clown di Villa Verde? Qual è l’obiettivo della loro attività rivolta a chi vive un periodo più o meno lungo di degenza in una casa di cura?
Lasciamo che si presentino da soli:
“Siamo un gruppo di volontari che hanno parecchi anni di esperienza in corsia.
Andiamo in ospedale per visitare gli ammalati e parlare con loro. I nostri biglietti da visita sono il sorriso e la discrezione. Entriamo in punta i piedi chiedendo il permesso di fare un saluto e magari due chiacchiere. Se, come quasi sempre succede, siamo accolti (le eccezioni sono veramente poche) ci presentiamo col nostro nome di clown e poi…da cosa nasce cosa. A seconda della reazione dell’ammalato, creiamo o cogliamo uno spunto per iniziare una tranquilla conversazione o uno scambio di battute allegre. Spesso ci capita di cantare insieme ai ricoverati con grande soddisfazione, sia da parte loro che da parte nostra. Infine, usciamo dalla camera ringraziando e lasciamo un palloncino, un biglietto con un pensiero, a volte anche regalini fatti da noi (per realizzarli, organizziamo serate lavorative che si aprono quasi sempre con una simpatica cena).
Che cosa crediamo di fare? Cerchiamo di dare vita a piccole cose, come un po’ di cordiale e solidale compagnia a chi vive un momento di pena, di disagio, di malattia. Tutto qui.
Ci avviciniamo sempre ai ricoverati con grande rispetto, cercando di entrare in empatia con loro ma senza strafare.
Le persone sono sempre nuove, le malattie e le sofferenze sono sempre importanti e grandi per chi le sta vivendo, e per noi che vogliamo donare il nostro tempo perché così ci sentiamo vivi e sentiamo di poter dare qualcosa di noi. E com’ è bello quando ci accorgiamo che abbiamo fatto centro, perché li abbiamo fatti cantare, sorridere, raccontare e…toccare con mano, che noi siamo lì per loro; che, in questo mondo, degli illustri sconosciuti s’ incontrano senza interessi in gioco, senza secondi fini, perché vogliono stringersi la mano e creare un po’ di bellezza, colore, sorriso da contrapporre in qualche modo alla sofferenza, al disagio, all’ angoscia.
Ecco, questi siamo noi e ci ispiriamo a Patch Adams che abbiamo incontrato tempo fa al Centro Internazionale Malaguzzi di Reggio Emilia. E’ stata una serata indimenticabile di cui portiamo un ricordo vivo e prezioso.
L’ospedale può diventare, per chi lo vuole, una palestra nella quale, per i nostri ammalati e grazie a loro, ci alleniamo costantemente: per imparare a essere più umani anche nella vita di tutti i giorni.”